Chi siamo
Il gruppo caritas/missioni: un compito che va oltre il tuo gruppo
Qualcuno vorrebbe che sparissero, dicendo che “tutta la parrocchia” e’ missionaria, non solo un gruppo. L’esperienza dice che chi ha operato in questo senso ha commesso un grosso errore. Proprio perché la parrocchia “diventi” missionaria e’ necessario che ci sia qualcuno che faccia memoria di questa vocazione e aiuti a realizzarla. Ecco il senso del gruppo missionario parrocchiale (GMP).
1. Le indicazioni che seguono non intendono definire un preciso progetto missionario parrocchiale, ma solo fornire un orizzonte comune e obiettivi condivisi al fine di elaborare un nostro progetto secondo la nostra storia e le nostre caratteristiche.
2. Il gruppo Caritas/missioni coordina le azioni della parrocchia nell'ambito della carità e delle missioni, ha un taglio pastorale, ovvero, di animazione e di stimolo, raccorda le iniziative che in seno alla comunità si svolgono, affinché possano essere messe a frutto dalla comunità nel loro complesso e cura i collegamenti con gli altri gruppi espressione della comunità, per creare un gruppo più ampio di parrocchiani che s'incarichino di curare diversi aspetti inerenti i temi della carità e delle missioni.
3. Il gruppo Caritas/missioni promuove la solidarietà e l'aiuto alle popolazioni che vivono nel bisogno attraverso la Missione, che è servizio nell'annuncio della Parola.
4. La Chiesa ha certamente in sé l'anima di chi ha ricevuto un grande dono, una buona notizia, e desidera comunicarla a tutti e condividerla con tutti! Senza arroganza, nel rispetto della storia, della cultura e delle tradizioni altrui, ma consapevole di essere depositaria di una notizia unica, fonte di gioia e di speranza, che non potrebbe mai essere taciuta o tenuta nascosta.
5. Ecco perché anche qui in Santa Maria degli Angeli si veglia su questa importante dimensione, con iniziative a stimolare la sensibilità missionaria e il sostegno verso le concrete iniziative già in campo.
6. Quali possono essere le nostre azioni:
a. presenza e collegamento con C.A.S.A. San Simone, il Centro di Ascolto dell'associazione Agàpe onlus di cui la parrocchia è socia per:
(1) reperimento dei volontari;
(2) sostegno economico alle attività del centro;
(3) individuazione di un referente che faccia parte del gruppo di contatto tra C.A.S.A. San Simone e parrocchie della Diocesi;
b. animazione missionaria della comunità nei momenti liturgici dell'anno (di solito ottobre missionario, Avvento e Quaresima);
c. presenza e collegamento con il Centro Missionario Diocesano e individuazione di un referente che faccia parte del gruppo di contatto tra CMD e parrocchie della Diocesi per:
(1) dare sostegno a tutte le iniziative del centro a favore delle missioni diocesane in Brasile ed Etiopia;
(2) partecipare, con chi fosse interessato ad esperienze missionarie estive, ai corsi di formazione missionaria;
d. informazione della comunità sulle varie attività (sito web, comunicazione in chiesa, ...).
7. Segnaliamo anche che è possibile conoscere più da vicino l'impegno missionario della nostra diocesi tramite il sito del Centro Missionario Diocesano che ci fa conoscere le missioni in Brasile ed Etiopia!
8. Dalla nostra sezione sul sito internet parrocchiale è possibile accedere alla nostra corrispondenza con gli amici missionari mantovani che prestano il loro prezioso servizio presso le missioni diocesane e con i quali desidereremmo tanto poter aprire un canale stabile di comunicazione e di dialogo proprio attraverso le pagine di questo nostro sito.
9. Verranno inoltre riportate qui tutte le nostre piccole/grandi iniziative in favore delle missioni.
I VIAGGI DELLO SPIRITO
Tempera su tavola, 50x40
di Simona Valente
Allieva della Glikophilousa
Il mugghiare fragoroso del mare è sempre stato, e non solo nell’immaginario biblico, un fenomeno inquietante, espressione del caos primordiale che attende la parola creatrice di Dio, l’unico che possa farlo tacere, arrestandone i flutti. In epoca protocristiana, le acque marine hanno invece fatto da sfondo all’immagine della nave, simbolo della Chiesa che veleggia spedita nel mare del mondo.
L’icona raccoglie questa metafora nel celebrare i viaggi paolini, ispirati, come ravvisa il testo biblico, dallo Spirito Santo che suggerisce all’Apostolo e ai suoi discepoli vie nuove di evangelizzazione, spingendoli verso l’Europa.
Nella composizione iconografica appare evidente la dimensione sproporzionata della vela rispetto alla barca. È chiara l’allusione al soffio dello Spirito che conduce e guida con imprevedibilità sorprendente, aprendo varchi di speranza anche lì dove domina il peccato e la morte. Meno immediato, ma altrettanto suggestivo, il richiamo al grembo fecondo di Dio che continuamente partorisce alla vita dello Spirito quanti accolgono la sua parola: «E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: “Abbà! Padre!» (Gal 4,6).
Un albero a forma di croce sostiene la vela: è il mistero pasquale di morte e risurrezione del Signore che rende possibile la missione vivificante dello Spirito, abilitando la Chiesa alla testimonianza e all’annuncio: «È bene per voi che io me ne vada» - dice Gesù ai discepoli nel suo discorso d’addio - «perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi» (Gv 16,7).
Nella barca, che personifica la comunità dei discepoli e via via le chiese d’ogni tempo e d’ogni luogo, c’è con Paolo un grappolo di discepoli: sono sei, un numero che nella Bibbia dice per lo più incompiutezza, precarietà, segno di tutto ciò che è creaturale, tanto che nel medioevo la vita stessa dell’uomo era stata suddivisa in sei periodi: infantia, pueritia, adolescentia, juventus, virilitas e senectus. Come a dire: in ogni stagione della vita, nessuna esclusa, Dio ci chiama al servizio del Vangelo. E anche quando ci sentiamo vuoti o, come le sei giare alle nozze di Cana, quando siamo semplicemente colmi d’acqua insapore, l’icona ravviva la nostra fede e trasforma l’assenzio della mestizia in miele di roccia: «Il mio Dio» - ci rassicura l’Apostolo Paolo - colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza, in Cristo Gesù» (Fil 4,19). I sei discepoli sono rivestiti di tuniche coloratissime, ognuna diversa dall’altra, ad indicare l’individualità di ciascuno e a dire: sì, siamo diversi, ma l’intreccio dei colori, nella diversità che li distingue e nell’affinità che li assimila, è danza gioiosa e sintonia di note che raccontano la carità.
Si noti, anzi, a margine del nostro contemplare l’icona: nella tavolozza dell’iconografo, tre sono i colori primari: il giallo, il rosso e il blu. Ognuno di questi colori abita in una propria casa, ognuno di loro possiede un proprio carattere, una propria identità. Insieme, formano un villaggio: è il villaggio della carità, la borgata della bellezza. Sono diversi, ma amano rimanere sempre insieme e vivere da fratelli. Fanno vita di parrocchia, nella comunità-comunione che li raccoglie in unità. Se, nella triade primaria, il rosso e il blu sono assenti, il giallo reclama la presenza di un dirimpettaio, il viola, formato dalla mescolanza del rosso e del blu. Così l’assenza è colmata. I tre si ritrovano. Anzi: allargano la comunione al vicino dirimpettaio, che per loro non è affatto un estraneo, ma il diverso, che nasce dalla loro unione feconda. Ecco la carità!
Se nella triade primaria, il giallo e il blu sono assenti, il rosso reclama la presenza di un dirimpettaio, il verde, formato dalla mescolanza del giallo e del blu.
Ed infine, se nella triade primaria, il giallo e il rosso sono assenti, il blu reclama la presenza di un dirimpettaio, l’arancio, formato dalla mescolanza del giallo e del rosso. Solo il grigio non ha fratelli, ma non per questo si ritira dalla gioia della comunione. Se lo accostiamo al rosso, lui si tinge lievemente di verde, se lo accostiamo al giallo vibrerà di viola così anche il grigio, a suo modo, vivrà nella carità-comunione che rende armonioso il villaggio della bellezza.
Tanti colori, tanti fratelli, tutti diversi: chi più caldo chi più freddo, chi più pacato chi più vivace, chi pungente chi vellutato, chi quieto chi irruento. Dialogano e interagiscono accogliendosi, sostituendosi. Nessuno si crede migliore dell’altro e nessuno può fare a meno dell’altro. Soprattutto, nessuno può dirsi più buono dell’altro perché al cuore di ogni colore c’è la presenza di tutti.
Ed ora, infine, fissiamo lo sguardo su Paolo. Egli è ritto sulla barca e fissa con fiducia la vela. Trattiene con la destra il rotolo che cita la parola ricevuta in visione dallo Spirito: «Vieni in Macedonia e aiutaci!» (At 16,9). La mano sinistra si apre all’accoglienza, quasi una resa allo Spirito che «lo costringe» continuamente a percorrere strade nuove e percorsi inattesi. La mano benedicente di Dio che dall’alto lo segue è la sola certezza che conta in questo viaggio dell’anima mentre ascende misticamente la vetta della santa montagna posta sullo sfondo dell’icona: «qualcuno pensa di essere diretto verso l’ignoto – ebbe a dire un vescovo che vive accanto alla sua gente a ridosso delle Dolomiti – molti altri sentono di orientarsi verso il mistero di una “patria” che può farsi anche “via”, nella contemplazione della bellezza e della fatica».
suor Renata Bozzetto
suor Rossana Leone