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Visita Pastorale di S.E. Vescovo

Settimana della Chiesa Mantovana

La Visita Pastorale

Lettera di indizione


A tutti i battezzati nella Chiesa mantovana
ai laici e laiche che esercitano ministeri e servizi ecclesiali
ai presbiteri e ai diaconi
ai religiosi, religiose e a tutte le persone consacrate
che vivono nella nostra Chiesa


Carissimi Sorelle e Fratelli in Cristo, Grazia e Pace a tutti voi dal nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo!
E' arrivato per noi il momento di condividere una nuova, speciale esperienza a tre anni dalla mia consacrazione a vostro Vescovo. Vi annuncio che verrò a visitarvi nelle vostre comunità e sono certo che questa sarà occasione privilegiata perché il Signore possa arricchire me e voi dei suoi innumerevoli doni spirituali.
Ritornerò tra voi, dopo essermi dedicato anzitutto all'individuazione di collaboratori con cui condividere le responsabilità del governo della Diocesi e dopo aver richiamato l'intera Chiesa mantovana a un servizio ministeriale che le consenta di riscoprire la sua vocazione missionaria e la sua capacità di valorizzare la molteplicità dei diversi doni e carismi in essa presenti, con la costituzione di 36 Unità pastorali di cui ho in questi giorni nominato i presbiteri a cui affidare il compito di coordinarne il cammino.
Rivolto alle diverse articolazioni della nostra comunità diocesana, parrocchie, unità pastorali e i vicariati, inizierò pertanto dal gennaio 2011 la mia VISITA PASTORALE che mi vedrà impegnato personalmente per almeno i prossimi due anni.
In questi mesi è iniziato nel frattempo il cammino di preparazione, nel quale sono coinvolti i miei collaboratori della Curia vescovile insieme al Consiglio episcopale e presbiterale.
Vengo tra voi nel nome di Gesù, per porre un segno del Suo stare e camminare in mezzo a voi, per confermarvi a tenere fisso il vostro sguardo su di lui, autore e perfezionatore della nostra fede, anche nelle circostanze attuali, non semplici soprattutto per un cristiano.
Pregherò ogni giorno per essere docile alla Sua azione e così attuare l'impegno racchiuso nel mio motto episcopale "Omnes salvos facere", perché il mio ministero sia pienamente a servizio della presenza di Gesù Cristo: nelle vostre famiglie, nella fatica del vostro lavoro e nel contesto sociale e culturale odierno; soprattutto per evidenziare il Suo sostegno a tutti coloro che servono, con i loro ministeri e con i carismi che il Signore ha elargito in abbondanza, la comunità stessa dei cristiani, perché sia segno concreto di speranza per il territorio in cui è stata collocata.
Chiedo anche a voi di pregare per me e con me, perché il Signore aumenti la nostra fede, la nostra speranza e la nostra carità, nella misura sovrabbondante da lui promessa.
Tenuti presenti i cann. 396 e 397 del Codice di diritto canonico e i numeri 221-225 del "Direttorio per il ministero pastorale dei vescovi" indìco questa mia Visita pastorale nella domenica conclusiva della Settimana della Chiesa mantovana che, insieme con la costituzione delle U.P., segna stabilmente il nostro cammino ecclesiale orientandoci a riconoscere che tutti i cristiani sono corresponsabili e partecipi della vita e della missione della Chiesa.
Invoco la vicinanza e l'intercessione dei nostri patroni, sant'Anselmo, san Luigi e san Pio X, e di tutti i santi, i beati e gli spiriti celesti che costituiscono la parte più grande della nostra Chiesa perché a noi, ancora pellegrini nel tempo, sia indicata anche attraverso la mia visita pastorale la strada del cielo.
La beata Vergine delle Grazie mostri il suo volto di madre regina di tutti i cristiani.
Accoglietemi nella carità!

+Roberto, Vescovo


PAOLO CONFERMA LE CHIESE
Tempera su tavola, 50x40




di Henrica van Velzen
Allieva della Glikophilousa

L’icona, sconfinando dalla mera rappresentazione storica dell’evento, presenta misticamente la Chiesa edificata sul fondamento della predicazione apostolica, qui rappresentata da Paolo nell’atto di confermare le comunità nascenti, perché i cristiani non siano «come fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina», ma al contrario, «agendo secondo verità nella carità» cerchino «di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo» (Ef 4,14-15). Si tratta dunque di «una visione al di dentro e come al di là del racconto immediato degli Atti» (P. Evdokìmov). L’Apostolo, rivestito dell’autorità di maestro e guida, regge tra le mani il rotolo dispiegato della Parola, simbolo «del ministero della grazia di Dio» a lui affidato di «annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo e illuminare tutti sulla attuazione del mistero nascosto da secoli in Dio» (Ef 3,8-9). Il suo volto è tutto luce poiché «egli è ormai un tutt’uno con la luce divina» (san Simeone Nuovo Teologo).

Sullo sfondo, a sinistra, due palazzi rimandano alla continuità tra il nuovo e l’antico: l’ocra verdastra, mistura di avana e giallo tendente al verde, caratterizza l’immagine della sinagoga, il luogo della preghiera, dell’insegnamento e della predicazione ebraica, che raccoglie il passato di Israele. Ora essa, come annunciano i toni e le sfumature di colore, dopo aver brillato nell’attesa del Messia, si spegne poiché, in Cristo, è venuta «la pienezza del tempo» (Gal 4,4). Essa riluce nella vita della chiesa nascente, simboleggiata dal verde luminoso del secondo palazzo, che raccoglie l’antica bellezza e la porta a compimento, come afferma con toni accorati l’apostolo Paolo, che porta in cuore il dolore per i suoi consanguinei, serrati nel rifiuto di Cristo: «Dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anatema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen» (Rm 9,1-5).

Raccolti in cerchio attorno a Paolo, i «figli della luce», le giovani Chiese raggiunte dal suo annuncio, vergato da parole di fuoco sempre intrise d’affetto profondo: «Dio mi è testimone del profondo affetto che ho per tutti voi nelle viscere di Cristo Gesù» (Fil 1,8). Tra loro, un grappolo di donne lì ad attestare l’uguaglianza e la dignità battesimale che accomuna tutti, uomini e donne, schiavi e liberi, contro ogni discriminazione razziale, sociale e sessuale: «non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28). Una posizione sostanzialmente opposta al pregiudizio imperante tra i suoi contemporanei, ironicamente confermato dal triplice ringraziamento di una preghiera rabbinica: «Benedetto sei tu Signore... perché non mi hai fatto pagano, perché non mi hai fatto donna, perché non mi hai fatto schiavo». Le donne, proteso il corpo verso l’Apostolo, fissano gli occhi su di lui per accoglierne la predicazione. Ricurvo sul desiderio, il corpo diventa così tabernacolo e tenda che custodisce gelosamente la Parola. Ma è al cuore che rimanda. Esso, infatti, «dirige e comanda tutto il corpo. Quando la grazia si è resa padrona dei pascoli del cuore, domina su tutte le membra e i suoi pensieri. Nel cuore sono la mente, i pensieri dell’anima e la sua speranza» (Pseudo-Macario).

Non solo: gli sguardi delle donne s’incontrano, s’incrociano, intensificando così l’espressione dell’unico desiderio che le anima, come la Samaritana al pozzo di Giacobbe: «dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete» (Gv 4,15). Sospinte da un solo bisogno, assolutamente necessario alla vita, vogliono ascoltare e dissetarsi alla «sorgente». E Paolo, per grazia, contiene in sé quest’acqua, è il «vaso d’elezione», perché il Cristo è diventato in lui «sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv 4,14). Nel fascino dell’ascolto, due delle donne si abbandonano ad un gesto delicato, tipico della sensibilità femminile, quasi materno: le mani raccolte in grembo pronte a vigilare sulla Vita che vi abita: «il tuo cuore è la sala dell’accoglienza del Signore. Chiunque incontra il Signore, lo incontra lì: Dio non ha fissato altri luoghi per incontrarti» (Teofane il Recluso). Alle spalle dei seguaci della Via, un rilievo montagnoso indica che la predicazione di Paolo orienta i discepoli all’incontro con «il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe» (Es 3,6) rivelatosi in Cristo, volto incarnato dell’Invisibile. Ora è dato loro di servire il Signore sul monte della nuova ed eterna alleanza e di vedere «lo splendore del glorioso vangelo di Cristo, che è immagine di Dio» (2Cor 4,4).

suor Renata Bozzetto


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